The
waste
land,
capolavoro
della
letteratura
novecentesca
cosiddetta
modernista,
fu composto da Thomas Stearn Eliot (1888-1965, premio Nobel per
la Letteratura nel 1948)
tra
il
dicembre
del
1921
ed
il
gennaio
del
1922
mentre
era
in
Svizzera,
a
Losanna,
dove
la
moglie
era
ricoverata
per
problemi
di
instabilità
psichica
e
dove
egli
stesso
si
era
sottoposto
a
cure
psicanalitiche.
La ballerina
Vivienne Haigh-Wood,
che
aveva
sposato
nel
1915
contro
il
parere
dei
suoi
genitori
e
dalla
quale si
separerà in
seguito
all'aggravarsi
delle sue
condizioni
mentali,
morirà nel
1947,
lasciando
un
senso
di
rimorso
incancellabile
nell'animo
del
poeta
(che tuttavia si
risposò nel
1957).
Nelle cinque sezioni in
cui è diviso
il poemetto
(La sepoltura dei morti,
Una partita a scacchi, Il sermone del fuoco, Morte per acqua, Ciò che
disse il tuono) ricorrono elementi simbolici e archetipici innestati in
accurate descrizioni di situazioni e paesaggi, finestre aperte
attraverso cui guardare, ascoltando suoni onomatopeici e dialoghi,
osservando l’interno d’una casa,
le trattative dei mercanti e degli uomini della City, affari e
commerci; una molteplicità
di temi che appartengono alla storia dell’uomo, alla sessualità, alla
carne e al sangue.
Su tutto si
staglia il Simbolo per
eccellenza, il Santo Graal
o
coppa del sangue di Cristo, Re
pescatore (di uomini) che nella Terra Desolata è diventato il Re Ferito, sofferente
della stessa sofferenza della creazione desertificata e impura, immerso nel
nonsenso della
germinazione dell’aprile, "il
mese più crudele", che “genera lillà da terra morta”.
T.S.
Eliot
in una
foto
giovanile
Il poema ebbe lunga
e difficile
gestazione: solo dopo variazioni e correzioni, espunzioni e
riscrittura, e grazie anche ai consigli di Ezra Pound, a cui fu
dedicato (A Ezra Pound il miglior fabbro) e che intervenne anche pesantemente
sul testo, Eliot lo pubblicò in
proprio.
Un
esempio degli interventi
di Pound si
trova proprio all'inizio
del poemetto: infatti
i versi che costituiscono
l'epigrafe
di
apertura
del
poema
dovevano
essere
“The
horror!
The
horror!”
("L'orrore,
l'orrore!"),
da
Cuore
di
tenebra
di
Joseph
Conrad,
ma
Ezra
Pound
non
apprezzava
Conrad
e convinse Eliot
a porre in apertura
un
frammento
dal
Satyricon
di
Petronio
(scritto
in quel misto di
lingue che sarà
una caratteristica
dell'intero poemetto)
che
parla
della
Sibilla
Cumana
e della sua interminabile
agonia: infatti
il suo
desiderio di
invecchiare
senza
mai
morire
era
stato
esaudito
dal
dio
Apollo,
ma
la
sua
vita
-
dice Petronio
-
si
era trasformata
in
un'insostenibile
noia:
Nam Sibyllam quidem Cumis ego ipse oculis meis
vidi in ampulla pendere, et cum illi pueri dicerent:
Σίβυλλα τί θέλεις; respondebat illa: ἀποθανεῖν θέλω.
Infatti
io stesso con i
miei occhi a Cuma
vidi
la Sibilla appesa
in una cesta, e
quando i ragazzini
le chiedevano:
"Sibilla,
cosa vuoi?",
ella rispondeva:
"Voglio morire".
Dalla tradizione letteraria al mito, dalla storia all’epica,
dalla religione all’antropologia culturale, tutto è confluito in
un’opera che attinge anche alle filosofie orientali e ai testi sacri
(Veda, Upanishad), ai profeti biblici, all’Ecclesiaste, Sant’Agostino,
agli Apostoli, all’Apocalisse: un'allegoria dello spirito smarrito ambientata
in
una emblematica città europea, Londra agli inizi del XX secolo:
essiccata “città irreale” e sporca, il cui fiume trasporta miasmi e
relitti, uomini come ectoplasmi emersi dalle nebbie del fiume, spinti
da una sorda fame carnale e osservati dal veggente cieco Tiresia.
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