I tre
passi che l'essere
umano deve seguire
per divenire superuomo
(cioè uomo
del superamento)
sono:
-
possedere una volontà
costruttiva, in
grado di mettere
in discussione gli
ideali prestabiliti;
-
superare il nichilismo
passivo,
attraverso la gioia
tragica e il recupero
della volontà
di potenza;
-
attuare e promuovere
eternamente il processo
di creazione e rigenerazione
dei valori sposando
la nuova e disumana
dimensione morale
dell'amor
fati,
che delinea un amore
gioioso e salubre
per l'eternità
in ogni suo aspetto
terribile, caotico
e problematico.
Il diritto
del Superuomo di
essere diverso gli
si presenta tuttavia
anche come dovere
di contrapporsi
all'ipocrisia della
massa, un dovere
che va contro
la stessa tradizionale
etica del dovere:
l'oltreuomo contrappone
al "Tu devi!"
cristiano e kantiano
l'"Io voglio!".
L'impulso vitale
al quale egli obbedisce
è, per definizione,
"al di là
del bene e del male".
Nel
concetto di oltreuomo
è essenziale
la volontà
di potenza,
vista come movente
della storia dell'uomo.
Tuttavia
- ed è qui
che iniziano le
maggiori difficoltà
interpretative -
a detta dei critici
non è possibile
identificare questa
figura con quelle
storiche che si
sono ispirate ad
essa, in primis
Hitler:
infatti nel concetto
di Oltre-uomo non
sembra rientrare
alcuna prospettiva
di violenza o spirito
di dominio.
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Adolf
Hitler
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Sarà,
ma è lecito
nutrire
dubbi in proposito;
è vero che
la figura dell'oltreuomo
non viene identificata
da Nietzsche con un
capo carismatico,
ma con un profeta
religioso quale
Zarathustra, ma
non si riesce a
comprendere come,
nei fatti, dovrebbe
esplicarsi questa volontà
di potenza, se non
con un dominio politico-militare
che passa necessariamente
attraverso la violenza
e la guerra.
Non
è questa la
via indicata da
Nietzsche, secondo
il quale il
Superuomo è il
filosofo dell’avvenire.
Gli "operai
della filosofia",
come Hegel, per
lui non sono
veri filosofi: i
veri filosofi sono
dominatori e legislatori:
essi hanno virtù
che non hanno niente
a che fare con quelle
degli altri:
possono sopportare
la verità,
l’intera e crudele
verità sulla
vita e sul mondo;
e così possono
accettare veramente
la vita e il mondo.
Dicono "così
deve essere",
prestabiliscono
la meta dell’uomo
e per far ciò
utizzano i lavori
preparatori di tutti
gli operai della
filosofia e di tutti
i dominatori del
passato. "Essi
spingono nell’avvenire
la mano creatrice
e tutto ciò
che è e fu
diventa per loro
un mezzo, uno strumento,
un martello. Il
loro conoscere equivale
a creare, il loro
creare a legiferare,
il loro volere la
verità a
volere la potenza".
Ma
questo, al di là
dell'enfasi quasi
poetica del brano,
corrisponde ad una
realtà storica a dir poco
nebulosa: non si
capisce veramente
attraverso quali
mezzi concreti
non violenti si
dovrebbe realizzare
il loro predominio
(regolari elezioni?
Plagio delle masse?
Acclamazione popolare?);
sembra quasi
che il carisma di
questi Superuomini
sia in grado di
assicurare loro
il successo per
virtù di
magia. Ed è
davvero difficile,
per non dire impossibile,
che il pensiero
non corra ai
deliri ideologici
novecenteschi ed
in particolare alle
folle oceaniche
che si accalcavano
sotto i balconi
di Hitler e Mussolini,
è difficile
separare la "volontà
di potenza"
del Superuomo dalle
loro imprese belliche.
Valutando
le cose a mente
serena, nonostante
si continui ad affermare
il contrario, è
probabile che
Hitler sia stato il più
coerente interprete
delle teorie nietzscheane,
limitandosi in fin
dei conti a tradurle
in atto ed a portarle
alle loro naturali
conseguenze. Hitler fa
propria la
teoria nietzscheana, di
derivazione darwinista,
secondo la quale il
Superuomo rappresenta il frutto
più alto
dell’evoluzione
della specie
umana e l'unica
legge che conta
è quella
della sopravvivenza
del migliore (idea
già pienamente
presente nel pensiero
di Crizia),
e che la lotta per
la sopravvivenza
porta
necessariamente
alla vittoria
del più forte
contro i
deboli.
Il
fatto di avere identificato
nella razza ariana
(in particolare
quella germanica)
il vertice dell'evoluzione
umana, nulla toglie
al fatto che
il principio di
base sia pienamente
in linea con il
pensiero di Nietzsche;
ed anzi Hitler fu a
tal punto coerente
con questo principio,
che nel marzo del
1945, quando ormai
era chiaro che la
Germania avrebbe
perso la guerra,
il Führer dichiarò:
"il popolo
(tedesco) si è
rivelato quello
più debole,
e il futuro appartiene
al popolo dell'est
che ha dimostrato
di essere più
forte. Tanto, quello
che rimane della
Germania dopo questa
guerra sono i più
deboli, i più
forti sono già
caduti sul campo
di battaglia."
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