I
concetti di ripetizione e moltiplicazione reggono l'intera visione del mondo e
il modo di fare arte di Escher, legato alla riproducibilità della grafica, e in
particolare l'universo della divisione regolare del piano, attraverso il
principio della riflessione di motivi contigui e non congruenti, legandosi allo
specchio e alla sua capacità di duplicare figure, forme e colori.
L'artista
grafico ha, dentro di sé, qualcosa del trovatore, dice Escher, perché in ogni
stampa ripete la stessa canzone: "Ripetizione e moltiplicazione: due
semplici parole. Tutto il mondo che si può percepire con i sensi diventerebbe
un caos privo di significato se non si facesse riferimento a questi due
concetti. […] Tutte le leggi meravigliose, incomprensibili, splendide,
incantevoli che ci circondano derivano da essi, che reggono l'intero mondo. Se
ci venissero a mancare, immediatamente la realtà sembrerebbe esplodere, come
una bomba. (Mutazione significa "cambiamento di forma")"
(Ibidem, p. 103).
La ricerca escheriana dei tre modi per dividere il piano,
traslazione, rotazione e riflessione, ha radici profonde: iniziata già durante
il primo viaggio del 1922 all'Alhambra di Granada, si sviluppò in modo decisivo
dopo il secondo del 1936, quando Escher visitò anche la moschea-cattedrale di Cordova,
nel tentativo di "trovare quel dato motivo che ripete se stesso
ritmicamente seguendo un sistema specifico, ubbidendo pertanto a leggi
irremovibili" (13). Cominciò così a studiare manuali di cristallografia
insieme all'arte dei Mori, fra i primi a sfruttare da un punto di vista
ornamentale la tassellatura del piano, limitandosi però a motivi geometrici e
astratti. Escher invece pone quali principi fondamentali sia l'identificazione
con figure riconoscibili come rettili, pesci o uccelli sia il contrasto di
colore perché il gioco di figura e sfondo serve a ricreare l'illusione dello
spazio. L'associazione con un oggetto o con una forma vivente, senza tener
conto del loro significato biologico, infatti, è molto importante per il
grafico olandese per il quale la vita è possibile solo quando i sensi
percepiscono i contrasti e una quantità esiste solo se può essere paragonata a un'altra,
così come il senso di spazialità emerge con il contrasto di figura e sfondo, luci
e ombre: le due cose si manifestano soltanto insieme e in relazione reciproca.
Il
secondo significato di specchio, centrato sulla sua capacità di produrre una
molteplicità attraverso la ripetizione di uno stesso elemento, non è quindi del
tutto separato dal primo, basato invece sulla possibilità dello specchio di
compenetrare più mondi simultanei, sulla costante riflessione di Escher
riguardo l'enigma della tridimensionalità e infine sul suo continuo tentativo
di ricreare un effetto di spazialità e profondità su una superficie piana.
Anche nel caso della divisione regolare l'autore ricorre ai passaggi di
dimensione, da bidimensionale a tridimensionale, o al contrasto tra superficie
e spazio, coppie antitetiche che danno l'illusione di vedere forme che escono e
si staccano dal piano per acquistare corpo e materialità: "Quando un
elemento della divisione del piano mi suggerisce una forma animale,
immediatamente penso a un volume. La macchia piatta mi irrita. Come se stessi
maltrattando i miei soggetti: "Sei troppo finto, per me; te ne stai lì immobile e saldamente incastrato; fai qualcosa, vieni fuori
mostrami di che cosa sei capace!" Così permetto loro di saltar fuori dal
piano. Lo fanno per davvero? No, è chiaro che sto barando. Indicando l'effetto
di luce e ombra, suggerisco plasticità sul piano" (M.C. Escher, La
divisione regolare del piano, cit., p. 132).
Tra sfondo e figura prende forma
un corpo e l'astratto diventa concreto, il bidimensionale tridimensionale, la superficie
spazio. In Giorno e notte per esempio dei campi coltivati rettangolari si
trasformano, abbandonando il suolo, in uccelli bianchi e neri che volano
specularmente in direzioni opposte, i neri verso sinistra, i bianchi verso
destra. Le sagome bianche formano il cielo diurno mentre quelle nere formano la
notte, creando attraverso il contrasto di figura e sfondo il senso di forma e
movimento.
Escher,
Giorno e notte,
1938
I disegni di Escher si trasformano quindi in esseri plastici
indipendenti in grado di uscire e tornare dal piano che dividono con regolarità
matematica, dando vita a un ciclo: dall'astratto geometrico al corporeo e di
nuovo all'astratto, dal bidimensionale al volume e alla profondità e poi di
nuovo al bidimensionale, tutto all'interno del paradosso del disegno, visto
come un'affascinante illusione. E così "nel nostro mondo tridimensionale
non esiste una realtà né a due, né a quattro dimensioni" e ogni linea che
divide la molteplicità fa nascere lo spazio dal gioco di interno e esterno,
vicinanza e lontananza, oggetto e sfondo. (M.C. Escher, La divisione regolare
del piano, cit., p. 132). Questo infinito movimento anulare è ben illustrato
dalla litografia Ciclo, un esempio di storia per immagini, in cui un omino,
mentre lascia allegramente la sua casa e corre giù dalle scale, perde la sua spazialità,
ritrovandosi piatto in mezzo ai suoi simili per dividere il piano secondo il
principio di rotazione; in alto a sinistra la sagoma dell'omino si semplifica
per diventare una figura geometrica, un rombo, che insieme ad altri rombi forma
dei cubi che circondano la casa da cui lui appare, ricreando di nuovo un
effetto di profondità, e così via. Esseri viventi mutano in figure geometriche
inanimate e si trasformano nei mattoni che costruiscono la casa da cui lo
stesso ragazzo si affaccia, risolvendo la vita in un ciclo infinito di continua
perdita e riacquisto di corpo e volume.
Escher,
Ciclo, 1938
Escher sintetizza quindi in questa
litografia del 1938 la sua concezione del passaggio dalla superficie allo
spazio e viceversa, sfruttando le possibilità della raffigurazione perché
"il panorama della parte superiore del disegno rappresenta il massimo
della naturalezza tridimensionale, mentre il motivo ricorrente della parte
inferiore rappresenta la restrizione bidimensionale per eccellenza"
(M.C. Escher, Grafica e disegni, cit., p. 11).
Specchio magico del 1946 ripercorre
le metamorfosi di un animale fantastico: dalla sua nascita dallo specchio
verticale al suo diventare completo e al suo sdoppiarsi in reale e riflesso.
Escher,
Specchio magico,
1946
Questi avanzano entrambi, uno alla destra e uno alla sinistra, prima in una
fila, poi in due, infine in quattro, fino alla perdita della plasticità,
trasformandosi nelle tessere che formano il pavimento su cui si erge lo
specchio da cui prendono nuovamente vita. Anche l'immagine riflessa del leone
alato è reale "poiché dietro lo schermo riflettente appare veramente"
grazie a "un trucco ben noto fin dai tempi di Alice e del suo mondo
meraviglioso oltre lo specchio" (14).
Ancora una volta, in una stessa
opera, si assiste a un passaggio tra differenti livelli di realtà, dal riflesso
bidimensionale al corpo in movimento fino al ritorno al piano immobile e così
via, dove il protagonista di questa genesi è lo specchio e la sua capacità di
ricreare su una superficie un effetto di tridimensionalità, all'interno dello
spazio illusorio del disegno. Lo specchio del grafico olandese è magico perché
allo stesso tempo inganna e svela l'inganno, mostrando nella parte sinistra
della litografia la doppia consistenza del mondo riflesso, bidimensionale e
tridimensionale insieme. I nostri sensi infatti percepiscono nello specchio
spazi e volumi, ma noi sappiamo di vedere solo linee su una superficie piana:
la sfera riflessa per esempio è un riflesso a due dimensioni e
contemporaneamente un corpo dietro lo specchio mentre il leone alato, come una figura mitica, attraversa lo schermo riflettente per
compiere il suo percorso ciclico, con una parte ancora nello specchio e una
parte già oltre.
Con la sua opera Escher ha così illustrato e svelato l'enigma
e il fascino dello specchio su cui vediamo irrimediabilmente tre dimensioni,
conquistati dai suoi volumi e dalla sua capacità di compenetrare più piani
d'esistenza, pur sapendo che dietro lo specchio non c'è nulla se non il mistero
dello spazio e dei conflitti tra le dimensioni che rendono possibile il nostro
mondo di realtà e illusione.
(13) M.C.
Escher, Come è
arrivato, Lei che è un grafico, a creare disegni per decorazioni murali?, 1941,
in M.C. Escher, Esplorando l'infinito, cit., p. 94. Una trattazione più ampia
della divisione regolare del piano è fornita da Escher nella composizione La
divisione regolare del piano, interamente dedicata all'argomento e pubblicata
in edizione numerata nel 1958. Compresa tra arte e matematica, infatti, questa
passione del grafico olandese richiede di essere chiarificata al lettore e
all'osservatore delle sue opere attraverso una definizione precisa: "Un
piano, che immaginiamo si estenda in tutte le direzioni, può essere riempito o
diviso all'infinito, seguendo un numero limitato di sistemi, con figure
geometriche simili che siano contigue in tutti i lati senza lasciare
"spazi vuoti"", in La divisione regolare del piano, cit., p.
105. Collegati alla divisione regolare del piano troviamo anche il tema della
metamorfosi e delle storie illustrate, possibili modi per riempire una
superficie grazie a cicli e sviluppi di forma, come nella litografia Rettili
del 1943 in cui un rettile, stanco di stare immobile, esce dal disegno, per
tornare poi a dividere il piano.
(14) M.C.
Escher, Grafica e disegni, cit., p. 11
e Id., Esplorando l'infinito, cit., p. 51.
http://www.dialetticaefilosofia.it/scheda-didattica-temi.asp?id=42
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