CULTI SOLARI E DELLA MAGNA MATER

 

 

Il Sole era venerato da tutti, e non è un caso che i popoli del Mediterraneo, tra il 25 dicembre e il 6 gennaio (quest'ultima era la data del solstizio secondo il computo egizio) celebrassero la nascita di un dio solare:

- in Egitto Horus-Ra, il figlio che Iside, la vergine dea lunare aveva concepito ridando vita alla divinità solare Osiride;

- in Babilonia e in Siria l'unico figlio della dea Ishtar, Tammuz, di cui i Greci importarono il culto e fecero l'amante di Afrodite venerandolo col nome di Adone, nato dalla corteccia del prezioso e profumato albero della Mirra (quella che i re Magi offriranno al bambino Gesù);

- in Persia Mithra, il cui culto si diffuse in tutta l'Asia e in Europa e divenne importantissimo nei primi secoli dell'impero romano;

- ma anche - chi lo direbbe mai? - il tanto popolare Dioniso greco, il cui nome compare già su una tavoletta micenea del XIII sec.: lo scrittore latino Macrobio scrive infatti che, con le fattezze di un bambino, nel solstizio d'inverno lo si faceva nascere ("come un bambinello lo tirano fuori da una buia caverna... in quel giorno che è il più corto di tutti", si legge in Saturnalia, I, 18).

Gli stessi cristiani, in principio, erano confusi con tutti gli altri adoratori di dei solari, tanto che Tertulliano, ad esempio, sente il bisogno di sottolineare: sono in molti a ritenere che il Dio cristiano sia il Sole: "questo perché noi preghiamo rivolti al Sole che sorge e perché in questo giorno siamo felici, ma per motivi completamenti diversi da quelli degli adoratori del Sole" (Apologeticum, 16, 9-11).

La festa cristiana era un'altra, la Resurrezione del Cristo; ma, visto che il "Natale del Sole" continuava a richiamare tanti fedeli ed era sostanzialmente inestirpabile, i vescovi nel terzo secolo cercarono di sostituirvi il "Natale del Cristo", festeggiandolo il 6 gennaio in Oriente, il 25 dicembre a Roma. Nel 337 papa Giulio I stabilirà per tutti il 25 dicembre.

Resta il fatto, sul quale non si riflette abbastanza, che a tutt'oggi a Natale noi tutti celebriamo una festa pagana, che con Gesù non ha assolutamente nulla a che vedere: e precisamente la "rinascita del Sole" dopo il solstizio d'inverno.

 

L'evidente rassomiglianza tra Dioniso...

(copia romana da un originale greco del IV sec. a.C.)

...e Tammuz

 

Dopo che il Concilio di Nicea (325) aveva definito il Cristo Luce da Luce, volendo affermarne dogmaticamente la sua preesistenza rispetto al Sole, l'impegno liturgico per evitare le pericolose confusioni con i culti solari già denunciate da Tertulliano divenne una costante. Basti pensare all'inno di S. Ambrogio, Splendor paternae gloriae, dove Cristo è definito "vero sole", principio aurorale da cui tutto ha avuto origine e che tutto guida (verusque sol... Aurora cursus provehit/ Aurora totus prodeat).

Anche il settimo giorno, originariamente dedicato al sole, con la collaborazione dell'Imperatore Costantino, era diventato "il giorno del Signore" (la domenica che tutti conosciamo): che tuttavia fosse "il giorno del Sole" lo denuncia chiaramente il nome che tuttora porta in inglese (e in generale nelle lingue anglosassoni): "Sunday".

Il settimo e l'ottavo giorno (e più in generale i numeri sette ed otto) avevano una formidabile valenza simbolica per i popoli antichi, che attribuivano ad essi una sorta di sacralità. Nell'epopea di Gilgamesh, ad esempio, la nave che deve salvare l'eroe e la sua famiglia dal diluvio salpa nell'ottavo giorno. Nel racconto biblico del diluvio, sette sono le persone che Noè salva, oltre a se stesso, nella famosa arca. In un ottavo giorno è collocata anche la Resurrezione del Cristo, alla quale il cristiano è iniziato col battesimo: pertanto i primi fonti battesimali si edificavano su pianta ottagonale. Nel mistico otto - afferma S. Ambrogio - deve sorgere la casa del nostro battesimo (De mysteriis).

Ma torniamo al Natale. A Betlemme, S. Girolamo celebrava la nascita di Gesù in quella che la tradizione cristiana vuole sia la grotta della Sacra Natività: ma quella era la stessa grotta, come osserva S. Gerolamo (probabilmente non senza perplessità), che aveva sentito i vagiti di Adone (Epistulae, 58, 3). Ed ecco che anche la consuetudine del Presepe, non meno di quella dell'albero di Natale, rivela chiaramente le sue origini pagane, che affondano nei culti misterici.

Tammuz-Adone era una divinità della rigenerazione della natura, una delle tante in cui si proiettava il desiderio che la terra desse abbondanza di grano, non facendo così mancare la possibilità di avere il cibo fondamentale: il pane. E Betlemme significa "casa del pane": quel pane che ancora oggi nel mistero eucaristico i cattolici evocano facendone il corpo del Cristo (cfr. anche Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame, Giovanni, 6, 35).

Il passaggio dalla tenebra alla luce era celebrato anche nel culto di Mithra, che, importato a Roma dai legionari, divenne popolarissimo e rappresentò per il cristianesimo un formidabile concorrente.

A Roma numerosissimi erano i santuari di Mithra o "mithrei": a S. Clemente, a Palazzo Barberini, alle terme di Caracalla..., ma anche nei dintorni di Roma, come ad esempio a Sutri, o nel parco archeologico di Ostia antica, dove ne sono stati rinvenuti ben dodici.

Mithra ispirava molta fiducia anche all'imperatore Costantino, che, sebbene già convertito al cristianesimo, in occasione dello scontro con Massenzio, a ponte Milvio, il 28 ottobre del 312, oltre alla Croce non dimenticò di portare con sé in bella vista anche le Insegne di Mitra (dettaglio non proprio trascurabile, generalmente omesso nei libri di storia).