L'UROBOROS

 

 

Il serpente è da sempre associato all’arte medica, in virtù del potere del suo veleno che può causare la morte, ma anche curare e guarire, consentendoci di inseguire il sogno della vita eterna. E’ nella natura del serpente rigenerarsi, mutando la pelle, lasciando il vecchio involucro e sostituendolo con il nuovo.

Nei circoli alchemici  l'Uroboros assume un triplice valore simbolico. Esso è inteso come elemento di perpetuazione della vita, come espressione di un antico e profondo sapere che governa le leggi del cosmo, ma anche come perfetta rappresentazione dell’Opera Alchemica (la cosiddetta Grande Opera).

Generalmente si tende a ritenere l’Opera come il susseguirsi lineare delle tre piccole Opere al nero, al bianco e al rosso (Nigredo, Albedo, Rubedo), ma è sbagliato: le tre opere non si succedono meccanicamente, ma in modo circolare, sicché continuamente si passa dal nero al bianco, dal bianco al rosso, e tutto ha sempre inizio e fine, e dalla fine nuovo inizio.

Un motto alchemico afferma che solamente chi ha l’oro genera l’oro, e questo tipo di oro (interiore) è inizialmente racchiuso proprio nella nigredo, che deve essere compresa e sperimentata nella propria natura. Ecco perché i precetti morali non possono e devono trovare applicazione alle leggi dell’Opera, in quanto si agisce sempre su piani inferiori e piani superiori ad essi.

 

 

Lucas Jennis, l'Uroboros in un'incisione per il De Lapide Philisophico 

 

Nei circoli ermetici, poi, l'Ouroboros assume una molteplicità di significati, che pongono questo glifo come espressione macrocosmica e microcosmica al contempo ( notiamo come spesso questo serpente è rappresentato con una parte bianca e una nera, oppure nera e rossa, o bianca e rossa ). Da un lato viene sottolineato il ciclo del tempo, l’annualità, i dodici mesi, ricordato l’eterno ciclo delle cose dominato da Chronos. Dall’altro si pone l’attenzione sulla necessità di una chiusura ermetica, suggerendo sì la comprensione dei cicli naturali da parte del mago, e quindi il governo degli stessi, ma anche il suo porsi in controtendenza rispetto ad essi.

E' un dato di fatto, comunque, che questo simbolo, comunque lo si voglia leggere, non rappresenta uno stato di fatto che ritroviamo in natura: in natura non esiste l’autocannibalismo, anzi, esiste se mai l'opposto: l’istinto di sopravvivenza porta a divorare altri esseri viventi; esso è quindi la stigmatizzazione di un comportamento contro natura, contro tendenza rispetto a quello che dovrebbe essere il naturale ciclo delle cose. Simboleggia secondo alcuni il dare tutto prendendo tutto, cioè al contempo la conquista di un io trascendentale a discapito di un io mondano e psicologico.

Leggiamo nel Livre des figures Hièroglyphiques del celebre alchimista Nicolas Flamel: ”Questi sono i due serpenti avvinghiati al caduceo di Mercurio, da cui egli deriva il proprio grande potere e che assume qualsiasi forma egli voglia [...]. Quando i due serpenti vengono messi nella fossa mortuaria si mordono l’un l’altro crudelmente [...]. Attraverso la putrefazione perdono la loro precedente forma naturale per assumerne una nuova e più nobile".