Nel ritratto degli Arnolfini [al
quale ho dedicato
un
approfondimento,
N.d.R.] è lo specchio convesso incorniciato
dal candelabro e dalle mani congiunte degli sposi ad attirare l'attenzione
dello spettatore e a permettergli di raggiungere una visione più completa attraverso
il gioco di riflessi.
Jan
Van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini,
1434
(cliccando
sull'immagine è
possibile vederla
ingrandita)
Oltre l'uomo e la donna frontali possiamo infatti vedere,
da un'altra angolazione, le loro spalle ma anche ciò che i coniugi stanno
guardando davanti a loro e che noi non potremmo scorgere se non fosse per lo specchio:
due persone, tra cui probabilmente l'artista stesso.
In Escher però lo specchio
non è tanto un modo per raffigurare fedelmente la realtà visibile, con minuzia
di particolari, come nei pittori fiamminghi, quanto uno strumento per
riflettere sulla struttura dello spazio e sulla compenetrazione di mondi simultanei
nel continuo passaggio tra oggetti tridimensionali e oggetti bidimensionali.
In Tre mondi l'acqua tremolante di uno stagno in autunno connette in
maniera naturale tre componenti diverse: "la prima sono le foglie cadute
che galleggiano verso un orizzonte ignoto e suggeriscono la superficie
dell'acqua; la seconda, il riflesso di tre alberi in lontananza; quindi la terza,
un pesce in primo piano, sotto il pelo dell'acqua" (9).
Escher,
Tre mondi,
1955
L'acqua ha la
triplice funzione di superficie, profondità e riflesso del mondo soprastante
presentando un intreccio di mondi reali e mondi riflessi, in cui il pesce e le
foglie, rappresentati come oggetti "reali", si confondono con gli alberi
riflessi, fino a indurci a chiedere che cosa è reale e cosa riflesso.
Nell'ipersuggestione del disegno la superficie riflettente è piana e allo
stesso tempo profonda: bidimensionale e tridimensionale convivono insieme
perché lo specchio d'acqua riflette alberi capovolti ma contiene al suo interno
un pesce, mentre accanto al riflesso arboreo ci sono foglie galleggianti. Questa
litografia può essere avvicinata ad Altro mondo II per il tema della relatività
della funzione di un piano che svolge contemporaneamente tre ruoli diversi.
Cornelis
Escher,
Another world II, 1947
In
una struttura cubica sono riuniti infatti tre differenti punti di vista su un
mondo fantastico: quello orizzontale, quello dall'alto verso il basso e quello
dal basso verso l'alto, in modo che l'orizzonte, il nadir, il punto di fuga
delle verticali in basso, e lo zenit, il punto di fuga delle verticali in alto,
coincidano, così come l'acqua era allo stesso tempo superficie, profondità e
riflesso. Escher, quindi, attraverso gli specchi oppure attraverso costruzioni
logiche, immagina una realtà plurale, in cui i differenti punti di vista sono
raffigurati in maniera sintetica e razionale anche se irreale: "Può
sembrare assurdo che nadir, orizzonte e zenit si combinino in un'unica
costruzione, eppure tutto questo forma un insieme logico. Qualsiasi funzione
che si voglia ascrivere ai diversi piani di questo edificio è relativa. Lo sfondo al centro della
stampa, per esempio, ha tre significati: è un muro rispetto all'orizzonte che
gli sta dietro; è un pavimento in relazione con la prospettiva superiore; è un
soffitto rispetto alla visione del cielo stellato in basso" (10).
(9) M.C.
Escher, in Esplorando
l'infinito, cit., p. 64. Questo testo risale ad alcune conferenze che Escher
avrebbe dovuto tenere negli Stati Uniti, in occasione del suo viaggio in Canada
nel 1964 per far visita al figlio maggiore. Purtroppo non le tenne mai perché poco dopo il suo arrivo fu
ricoverato al Saint Michael's Hospital di Toronto per un intervento chirurgico
urgente, annullando quindi tutti gli impegni a causa della salute cagionevole.
(10)
Ibidem, p. 81.
|