La
storia
della
Signora
di
Shalott
divenne
popolarissima
tra
gli
artisti
del
movimento
preraffaellita,
che
condividevano
gli
interessi
di
Tennyson
nei
confronti
del
ciclo
arturiano;
molti
esponenti
della
pittura
preraffaellita
produssero
dipinti
basati
su
episodi
del
poema.
L'edizione
Moxon
del
1857
dei
lavori
di
Tennyson
fu
illustrata
da
William
Holman
Hunt
e
Dante
Gabriel
Rossetti.
Hunt
raffigura
qui
(l'ingrandimento
è
visibile
cliccando
sull'immagine
o
su
questo
link),
in
un
dipinto
più
volte
rielaborato
(dal
1886
al
1905), la
Signora
di
Shalott
intenta
a
tessere
la
sua
tela:
La
dama
è
colta
nel
preciso
istante
in
cui,
attraverso
il
grande specchio,
vede
passare
il
cavaliere
che
rapisce
il
suo
cuore,
Lancillotto:
|
"She
left
the
web,
she
left
the
loom,
She
made
three
paces
through
the
room,
She
saw
the
water-lily
bloom,
She
saw
the
helmet
and
the
plume,
She
look'd
down
to
Camelot.
Out
flew
the
web
and
floated
wide;
The
mirror
crack'd
from
side
to
side;
'The
curse
is
come
upon
me,'
cried
The
Lady
of
Shalott."
|
Il
dipinto
è
caratterizzato,
come
tipico
delle
opere
dei
Preraffaelliti,
da
un
esasperato
e
complesso simbolismo:
tutto,
in
esso,
appare
caotico
e
disordinato,
tutto
(o
quasi)
è
instabile,
precario
e
in
movimento,
all'insegna
del
dinamismo,
ad
indicare
la
terribile
svolta
che
sta
per
compiersi
nell'ordinata
e
ripetitiva
vita
della
Signora
di
Shalott.
Ella
è
irretita
dai
suoi
fili,
che
simboleggiano
le
oscure
trame
del
destino
che
la
imprigionano
e
stanno
per
determinare
la
sua
fine;
i
suoi
stupefacenti
capelli
neri,
scompigliati
da
un
vento
di
tempesta,
spaventano
le
colombe
della
pace
che
le
stavano
accanto
mentre
lavorava
alla
sua
tela,
creano
una
macchia
oscura,
simile
ad
una
nube
minacciosa,
sopra
la
sua
testa,
e
proiettano
la
loro
ombra
anche
su
una
parte
della
tela
in
basso,
cosicché
metà
del
dipinto
(e
del
corpo
della
donna)
appare
avvolto
dal
buio
e
metà
illuminato
dal
sole,
con
una
netta
divisione,
a
simboleggiare
la
vita
che
sta
per
spegnersi
di
colpo
in
lei.
Il
meraviglioso
lavoro
di
tessitura,
che
simboleggia
la
sua
vita,
è
rovinato.
La
lampada
d'argento
sulla
destra
è
decorata
in
alto
da
civette
e
in
basso
da
sfingi,
a
suggerire
la
saggezza
che
trionfa
sul
desiderio
di
mistero,
ma
la
sua
luce è spenta,
perché la
dama
è
stata
travolta
dalla
tentazione
ed
ha
quindi
abbandonato
la
saggezza.
C'è
probabilmente
un'allusione
alla
Parabola delle vergini
sagge
e
delle
vergini
stolte
raccontata nel Vangelo secondo Matteo
(25,1-13).
Le
uniche
presenze
non
coinvolte
da
questo
senso
di
precarietà
e
di
dinamismo
sono
la
Madonna
con
bambino,
raffigurata
a
sinistra,
ed
Ercole
nel
giardino
delle
Esperidi,
raffigurato
a
destra.
Quest'ultimo,
pur
essendo
un
simbolo
pagano,
è
considerato
il
contraltare
di
Cristo,
perché
la
sua
vittoria
contro
il
serpente
guardiano
delle
mele
nel
giardino
delle
Esperidi
è
"figura"
del
trionfo
di
Cristo
sul
serpente
del
peccato.
Quanto
alla
Vergine
Maria,
la
sua
umiltà
e
la
sua
fedeltà
sono
anch'esse
esemplari
dei
valori che
la
Signora
di
Shalott
ha
appena
tradito, lasciandosi
sedurre
dalla
tentazione
che
la
porterà
alla
morte
e
che
le
conferisce
un
che
di
demoniaco,
espresso
ancora
una
volta
dai
suoi
surreali
capelli
neri,
ondeggianti
come
i
serpenti
sulla
testa
di
Medusa.
Si
tratta
inoltre
di
un
dipinto
meta-artistico: la
Signora
di
Shalott
è
lei
stessa
una
prodigiosa
artista,
capace
di
creare
dal
nulla,
con
la
sua
tela,
un
intero
universo,
e
questo
riflette
probabilmente
l'estetica
di
Hunt.
Il
senso
di
questa
identificazione però
è
controverso:
secondo
alcuni
il
dipinto
rappresenterebbe
il dilemma che si presenta agli
artisti
in
genere: creare
un loro mondo alternativo, oppure rimanere nel mondo
reale semplicemente vivendo? Così
Hunt
stesso
si
immedesimerebbe
nella
dama
aggrovigliata
dai
fili
colorati
della
sua
opera
d'arte,
stupenda
sì,
ma
artificiale;
del
resto
il
mondo
vero,
scelto
alla
fine
dalla
Signora
di
Shalott,
ha
su
di
lei
(come
sugli
artisti, spesso
geniali
ma
disadattati)
un
impatto devastante
e
mortifero.
Un'interpretazione più
sottile
vuole
invece
che
il
quadro
rappresenti
esattamente
l'opposto,
ossia
le
conseguenze
dell'allontanamento
dal
dovere
e
della
resa
alle
tentazioni
del
mondo,
dando
per
scontato
che
la
vocazione
artistica
sia
(come
in
effetti
è
per
i
Preraffaelliti)
una
sorta
di
sacerdozio
laico
e
che
il
dovere
di
un
artista
sia
non
già
quello
di
"rientrare
nel
mondo",
ma
al
contrario
quello
di
tenersene
il
più
possibile
lontano,
ricercando
la
Verità
al
di
là
dei
suoi
illusori
inganni
e
delle
sue
vane
seduzioni.
|