SEMANTICHE ERMETICHE NEL PARSIFAL DI WAGNER

 

 

Il rischio che corre ogni opera ermetica è quello di essere in balìa di manipolazioni di ogni tipo: è proprio quanto è successo all’ultimo capolavoro wagneriano, quando il nazionalsocialismo prese il potere nel 1931. Potrà sembrare bizzarro, ma furono proprio i nazisti, infatti, a esaltare, seppure in maniera del tutto distorta, la visione spirituale, di ricerca, di illuminazione presente nel Parsifal. Ci si è sempre chiesti come mai quest’opera, apparentemente agli antipodi rispetto alle dottrine e alla Weltanschaaung nazionalsocialista, abbia potuto interessare e affascinare Adolf Hitler e altri esponenti del regime. La risposta sta proprio nella sua dimensione profondamente antimodernista, nella ripresa di temi estremamente cari alle teorie hitleriane, quali il senso di “rinascita”, di “purificazione”, di condanna e soppressione di tutto ciò che è “impuro” e malato.

Il Führer era profondamente affascinato dalle teorie antisemite di Wagner, dalle sue dottrine sul vegetarianismo e contro la vivisezione animale: «non si può comprendere il nazionalsocialismo, se non si conosce la musica di Wagner», ripeteva spesso; e tra tutte le opere del musicista amò particolarmente il Rienzi, nel quale rivedeva se stesso, ma vide soprattutto nel Parsifal la piena espressione artistica del suo credo e delle sue teorie assolutiste.

 

 

Adolf Hitler

 

Pur distorcendone il significato, Hitler comprese la natura esoterica del messaggio del Parsifal molto meglio di Nietzsche: «ciò che vi è celebrato [nel Parsifal, N.d.A.] non è la religione della compassione del cristiano Schopenhauer, ma il puro e nobile sangue, la cui purezza deve essere protetta ad ogni costo dalla confraternita di tutti gli iniziati», raccontò all’inizio degli anni Trenta Hitler al generale Hermann Rauschning, suo confidente dell’epoca. Ed aggiunse: «Il re [Amfortas, N.d.A.] soffre di una malattia incurabile, causata dal suo sangue infettato. Ciò significa simbolicamente che l’incosciente e puro essere umano può lasciarsi tentare, perfino sottomettersi alla frenesia e ai piaceri della civiltà corrotta, rappresentata dal giardino magico di Klingsor, oppure può unirsi alla nobile schiera di cavalieri che custodiscono il segreto della vita, che ha in sé il sangue puro. Tutti noi soffriamo del male dato dal sangue corrotto e degenerato. Come possiamo dunque purificarci ed espiare questa colpa? Noti come la compassione, che conduce alla consapevolezza, riguardi esclusivamente l’uomo che è intimamente corrotto, vittima delle sue contraddizioni. E tale compassione porta a un solo risultato, quello di lasciare che il male conduca alla morte. Vita eterna, dunque, come viene concessa dal Graal, a coloro che sono veramente puri e nobili».

Queste parole fanno comprendere meglio ciò che il nazismo volle assimilare dalla musica e dalla visione del mondo wagneriane: anche Hitler, come Nietzsche, anche se su piani completamente diversi, si scagliò contro la compassione e la pietà degenerante, segni incontrovertibili di debolezza presenti nei perdenti e in coloro che auspicavano una rappresentazione orizzontale, banale della vita. A questo si doveva opporre, secondo le teorie naziste, la legge del Blot, del sangue purificato, simboleggiato dalla parabola di Parsifal.

Al di là di queste nefaste forzature, l'interpretazione di Hitler ha il pregio di testimoniare le molteplici chiavi di approccio e la straordinaria profondità intellettuale e spirituale del Parsifal, un’opera che ha pochi paragoni possibili in tutta la storia della musica.

Non si potrebbe altrimenti comprendere perché già nel 1862, vent’anni esatti prima di porre fine al suo capolavoro (come ha ricordato giustamente Thomas Mann), Wagner, in una lettera indirizzata all’amico e collaboratore Hans von Bülow, scrisse che il Parsifal sarebbe stata sicuramente la sua ultima opera.

 

(Fonti:

Andrea Bedetti, http://classicvillage.net/opera/21-aspetti-e-significati-esoterici-del-parsifal-di-wagner.html

Friedrich Nietzsche, La nascita della tragedia dallo spirito della musica, Adelphi 1977)