LO GNOSTICISMO

 

 

Il primato della conoscenza

Gnosticismo deriva da γνῶσις, gnòsis, “conoscenza” in greco.

Un sistema gnostico è anzitutto caratterizzato dal primato della conoscenza su qualunque altro mezzo di salvezza per l’uomo: la legge, il rito, l’adesione a una comunità religiosa. Nella sua lotta contro il cattolicesimo, la conoscenza degli gnostici si contrappone alla fede; ma più in generale la gnosis si oppone all’ignoranza di coloro che rimangono immersi nella vita di tutti i giorni e nelle preoccupazioni di questo basso mondo senza occuparsi dei misteri del mondo divino, i soli che contano e che vale la pena di studiare.

È la conoscenza che salva, non la fede.

 

Il dualismo spirito/materia

Tutti i sistemi gnostici - anche se non tutti nello stesso modo - sono caratterizzati da un dualismo che oppone lo spirito e la materia, con un deciso anticosmismo che svaluta radicalmente il mondo visibile, ridotto a regno del male e delle tenebre. Questo anticosmismo radicale differenzia il dualismo gnostico da quello della religione zoroastriana e da quello platonico, che pure hanno esercitato una certa influenza sugli gnostici. Non a caso i neo-platonici del Terzo secolo non avranno alcuna simpatia per gli gnostici, anzi li combatteranno proprio in ragione del loro anticosmismo.

Se tutti gli gnostici sono d’accordo su una svalutazione dualistica del mondo e della materia, le scuole si dividono quando si tratta di valutare i rapporti fra i due principi:

- nei sistemi "classici" dello gnosticismo il dualismo si risolve in un monismo, in quanto il male non è un principio originario, ma il risultato di una qualche degradazione o caduta nel mondo materiale del bene;

- verso l’idea di due principi originari si orienteranno invece quelle scuole gnostiche che influenzano il manicheismo, che alcuni considerano una religione successiva del tutto indipendente dallo gnosticismo, altri invece uno gnosticismo tardivo.

 

 

 

La Torre di Babele di Pieter Bruegel il Vecchio (1563).

La Torre è sempre stata considerata simbolo della conoscenza gnostica

ottenuta con i soli mezzi umani, senza l'intervento della fede

 

Tutti i sistemi gnostici propongono comunque un mito cosmologico che, come spesso è stato notato, ha un carattere “parassitario”, in quanto nasce dalla rilettura gnostica di temi mitologici preesistenti iranici, greci o ebraici, talora “contaminati” da riferimenti cristiani.

I miti gnostici sono insieme ricchissimi e diversi da scuola a scuola, ma lo schema centrale rimane costante. Possiamo definire lo gnosticismo in molti modi, ma la formula più breve e comprensibile rimane quella del filosofo neoplatonico Plotino (205-270 d.C.), che sintetizza magistralmente la situazione così:

“Lo gnosticismo è la dottrina secondo cui il creatore di questo mondo è cattivo e il mondo stesso è cattivo”.

Nella cosmologia gnostica, fedelmente riassunta anche nel Vangelo di Giuda “il Grande”, la vera divinità positiva, per cui si usa malvolentieri l’espressione “dio”, riservata a una pletora di personaggi minori o negativi, ha creato soltanto il Pleroma, il mondo della Luce divina abitato da una pluralità di dei. Per cause che gli gnostici attribuiscono alla caduta fuori del Pleroma di una divinità femminile, Sophia, a un certo punto una parte della Luce divina è uscita dal Pleroma ed è rimasta intrappolata nel mondo materiale.

Quest’ultimo non è una creazione di Dio, ma di una divinità incapace ovvero malvagia, il Demiurgo, assistito da collaboratori, gli Arconti, che sono o violenti o pasticcioni.

Il mito di Sophia è tuttavia estremamente complicato, e molto diverso nei vari sistemi antichi che ne parlano. In alcuni troviamo due Sophia: la maggiore, cui sarà concesso di ritornare nel pleroma; e la minore, che dovrà rimanerne al di fuori. In alcuni sistemi c'è anche una terza Sophia, una Sophia terrestre che erra nella storia degli uomini incarnandosi periodicamente in corpi di donna. Un'altra parola che dà spesso luogo a equivoci è Abraxas o Abrasax. Inteso (più raramente) come nome del Dio originario, nella maggior parte delle fonti gnostiche èpiuttosto il nome del cattivo demiurgo.

Gli ebrei dell’Antico Testamento, secondo gli gnostici, si sono lasciati ingannare dal Demiurgo venerandolo come Dio e fonte di ogni bene, mentre è al contrario la fonte di ogni male, perché la materialità del mondo e con questa la divisione dei sessi, l’amore, la vita mortale, la procreazione sono tutte cose malvagie del tutto estranee ai piani del Grande.

Alcuni frammenti della Luce divina sono stati concessi dal Grande al mondo materiale come seme di salvezza, e costituiscono le scintille o frammenti di anima di cui alcuni uomini, ma non tutti, sono dotati (molti ne rimangono privi, irrilevanti nel grande gioco cosmico). Gli uomini in cui vive una scintilla divina come anima sono chiamati a diventare gnostici, lavorando perché i frammenti di Luce si riuniscano e tornino al Pleroma.

Varie sono anche le spiegazioni relative alla presenza nell'uomo di una scintilla divina. Il demiurgo e gli arconti, da parte loro, non avrebbero potuto creare che un uomo totalmente legato alla materia e alle tenebre. Tuttavia varie spiegazioni mitologiche dall'intervento di esseri del mondo celeste all'apparizione improvvisa di un modello divino che influenza i creatori spiegano come, contro la volontà delle potenze creatrici, l'uomo nasca con una componente divina che potrà essere risvegliata.
L'antropologia è tuttavia complicata, e presenta tre categorie di uomini:

- gli «spirituali» o «pneumatici», gli unici veramente in grado di accedere alla conoscenza (gnosi) necessaria perché la scintilla divina sia rianimata;

- gli «psichici», che possono accostarsi alla gnosi solo parzialmente e con grande difficoltà;

- e gli «ilici», gli uomini irrimediabilmente legati alla materia cui la gnosi rimane preclusa.

Ne derivano due conseguenze: un certo elitismo, per la netta discriminazione fra varie categorie di uomini; e un marcato individualismo, in quanto ciascuno si occuperà della propria auto-redenzione attraverso la coltivazione della sua scintilla interiore più che dei problemi della comunità o della collettività.